Giure Grando, il vampiro di Corridico.
Oggi più o meno tutti sanno che le leggende di Dracula arrivano dalla Transilvania, il paese medievale che diede i natali a Vlad Dracul, il principe della Valacchia che originò le leggende del vampiro. Miti ai quali i romeni tengono talmente tanto ancora oggi che il "Parco Dracula" di Bucarest, di prossima apertura (verrà inaugurato l’anno prossimo) offrirà ai suoi visitatori passeggiate sulle catacombe e montagne russe a bordo di bare e diventerà senza ombra di dubbio una delle maggiori attrazioni turistiche della capitale romena.
Ma sono ben pochi a sapere che nel Seicento anche l’Istria aveva i suoi vampiri. Anzi il suo vampiro. Il primo vampiro classico che si presentò in Europa con tanto di nome e cognome - almeno nei libri - fu infatti il contadino istriano di Corridico, Giure Grando.
Morto nel 1656, raccontano certi scritti, sarebbe stato riesumato e decapitato come vampiro nel 1672.
Questa storia, di cui oggi in Istria e in particolar modo a Corridico nessuno sembra più saper nulla, circola ancora comunque tra gli appassionati di storie e racconti dell’orrore. Al punto da aver ispirato alcuni anni fa anche l’italiano Max Ferro, sceneggiatore, scrittore e registra torinese, inducendolo a farne addirittura un film.
A consegnare comunque Giure Grando agli onori delle cronache europee, molti secoli fa, fu Johann Weichard von Valvasor (o Janez Vajkard Valvasor se si preferisce la versione slovena del nome a quella tedesca) nella sua ben nota “Die Ehre des Hertzogthums Crain " (La gloria del Ducato della Carniola") edita a Norimberga nel 1689. Un'opera colossale, quella di quest’autore, nato il 27 maggio 1641 a Lubiana, in una famiglia patrizia originaria di Bergamo trasferitasi nella Carniola nel Sedicesimo secolo. È suddivisa in quindici libri o ampi capitoli, raccolti in quattro grossi volumi, per un totale di 3.523 pagine di grande formato, con 533 illustrazioni di cui molte descrivono con dovizia di particolari l’Istria di quei tempi. Dobbiamo al Valvasor una delle più preziose vedute della Fiume di quell’epoca e molte incisioni su rame dei più antichi Castellieri dell'Istria interna, Corridico inclusa.
E in uno dei tanti capitoli dedicati a questa parte dell’Istria, che era all'epoca sotto il dominio austriaco, Valvasor racconta che nel 1672, sedici anni dopo la sua morte e sepoltura, il contadino istriano Giure (o forse Jure) Grando "ritornava di notte". Sarebbe apparso al parroco, un certo padre Giorgio, che sedici anni prima lo aveva sepolto e in seguito ad un buon numero di persone, sempre di notte e in modo irregolare, bussando alle porte delle loro case e facendoli morire. Ogniqualvolta Giure Grando bussava insomma a una casa di Corridico, qualcuno moriva dopo pochi giorni.
Nel 1690 il testo di Valvasor fu oggetto di un commento da parte di Erasmus Francisci, e da qui fu ripreso poi da tutta la letteratura sul vampiro europea del Settecento. Questa strana leggenda istriana viene citata anche da Johann Joseph von Görres, pubblicista e storico tedesco ma fautore delle idee rivoluzionarie francesi, in “La mystique divine, naturelle et diabolique” (Il mistico divino, naturale e diabolico) edito a Parigi nel 1855. Anche in questo caso di parla di “un vampiro chiamato Giure Grando, che infestò per lungo tempo il paese di Coridiggo, in Istria”. Ma con qualche differenza da quanto riferito dal Valvasor: qui la storia si arricchisce di fantasiosi particolari, probabilmente inventati per rendere la trama del racconto più avvincente, ma comunque interessanti. Görres infatti rincara la dose e riferisce anche qualche altro dettaglio su questa singolare leggenda di Corridico. Oltre ad aver fatto le sue apparizioni a diverse persone del paese, Grando, secondo Görres, era entrato “persino nel letto di sua moglie”. Il cadavere le sarebbe apparso “sorridente, facendo diversi movimenti, come se fosse lieto di respirare l'aria fresca”. Per disfarsene il prete del villaggio riuscì a cogliere Giure alla sprovvista sollevandogli contro il crocifisso e gridando: “Guarda Gesù Cristo, strigòn! Cessa di tormentarci!”. Dagli occhi del vampiro a quel punto sarebbero spuntate delle lacrime. I più coraggiosi, pur rabbrividendo d'orrore, cercarono di piantargli nel cuore un paletto di biancospino, ma non ci riuscirono: il palo rimbalzava sempre dal corpo del vampiro. Allora vennero recitate delle preghiere d'esorcismo, e si tentò di decapitarlo. Quando la lama del boia affondò nella sua gola, il vampiro lanciò un grido terribile e tutta la bara fu inondata di sangue.
Facendo riferimento alla moglie di Jure, Görres dice che si sarebbe chiamata Ivana. Racconta che la povera donna, terrorizzata, invocò l’aiuto del balivo che insieme ad altri abitanti del paesino si recò di notte al cimitero. Il gruppo, composto da nove persone provvisto di due lampade, di un crocifisso e di un palo di biancospino selvatico (l’unico metodo per disfarsene sarebbe stato quello di conficcarglielo nel cuore) aprì la tomba e trovò all’interno “un corpo rosato e vermiglio che li accolse ridendo”. I più coraggiosi, pur rabbrividendo d'orrore, cercarono di piantargli nel cuore il palo, ma non ci riuscirono perché questi rimbalzava sempre dal corpo del vampiro. Allora vennero recitate delle preghiere d'esorcismo e si tentò di decapitarlo. Tra tutti il più coraggioso in quel momento sarebbe stato un certo Stipan Milasich che trovò il coraggio di tagliare la testa al cadavere. Il morto avrebbe emesso a quel punto un urlo atroce e dal collo mozzato del corpo avrebbe preso a sgorgare del sangue che si sparse immediatamente per la tomba.
Soltanto a quel punto a Corridico sarebbe ritornata la pace. Quella pace che regna ancora oggi per le stradine semideserte di questo piccolo e suggestivo paesino tutto orti e masiere, sorto sul ciglio occidentale del vallone di Canfanaro. Ma domani notte è Halloween. Speriamo proprio di non aver risvegliato con i nostri discorsi Giure Grando da un sonno perenne durato secoli.
Originale di Roberto Palisca
da: http://www.edit.hr/lavoce/041030/speciale.htm
Ma sono ben pochi a sapere che nel Seicento anche l’Istria aveva i suoi vampiri. Anzi il suo vampiro. Il primo vampiro classico che si presentò in Europa con tanto di nome e cognome - almeno nei libri - fu infatti il contadino istriano di Corridico, Giure Grando.
Morto nel 1656, raccontano certi scritti, sarebbe stato riesumato e decapitato come vampiro nel 1672.
Questa storia, di cui oggi in Istria e in particolar modo a Corridico nessuno sembra più saper nulla, circola ancora comunque tra gli appassionati di storie e racconti dell’orrore. Al punto da aver ispirato alcuni anni fa anche l’italiano Max Ferro, sceneggiatore, scrittore e registra torinese, inducendolo a farne addirittura un film.
A consegnare comunque Giure Grando agli onori delle cronache europee, molti secoli fa, fu Johann Weichard von Valvasor (o Janez Vajkard Valvasor se si preferisce la versione slovena del nome a quella tedesca) nella sua ben nota “Die Ehre des Hertzogthums Crain " (La gloria del Ducato della Carniola") edita a Norimberga nel 1689. Un'opera colossale, quella di quest’autore, nato il 27 maggio 1641 a Lubiana, in una famiglia patrizia originaria di Bergamo trasferitasi nella Carniola nel Sedicesimo secolo. È suddivisa in quindici libri o ampi capitoli, raccolti in quattro grossi volumi, per un totale di 3.523 pagine di grande formato, con 533 illustrazioni di cui molte descrivono con dovizia di particolari l’Istria di quei tempi. Dobbiamo al Valvasor una delle più preziose vedute della Fiume di quell’epoca e molte incisioni su rame dei più antichi Castellieri dell'Istria interna, Corridico inclusa.
E in uno dei tanti capitoli dedicati a questa parte dell’Istria, che era all'epoca sotto il dominio austriaco, Valvasor racconta che nel 1672, sedici anni dopo la sua morte e sepoltura, il contadino istriano Giure (o forse Jure) Grando "ritornava di notte". Sarebbe apparso al parroco, un certo padre Giorgio, che sedici anni prima lo aveva sepolto e in seguito ad un buon numero di persone, sempre di notte e in modo irregolare, bussando alle porte delle loro case e facendoli morire. Ogniqualvolta Giure Grando bussava insomma a una casa di Corridico, qualcuno moriva dopo pochi giorni.
Nel 1690 il testo di Valvasor fu oggetto di un commento da parte di Erasmus Francisci, e da qui fu ripreso poi da tutta la letteratura sul vampiro europea del Settecento. Questa strana leggenda istriana viene citata anche da Johann Joseph von Görres, pubblicista e storico tedesco ma fautore delle idee rivoluzionarie francesi, in “La mystique divine, naturelle et diabolique” (Il mistico divino, naturale e diabolico) edito a Parigi nel 1855. Anche in questo caso di parla di “un vampiro chiamato Giure Grando, che infestò per lungo tempo il paese di Coridiggo, in Istria”. Ma con qualche differenza da quanto riferito dal Valvasor: qui la storia si arricchisce di fantasiosi particolari, probabilmente inventati per rendere la trama del racconto più avvincente, ma comunque interessanti. Görres infatti rincara la dose e riferisce anche qualche altro dettaglio su questa singolare leggenda di Corridico. Oltre ad aver fatto le sue apparizioni a diverse persone del paese, Grando, secondo Görres, era entrato “persino nel letto di sua moglie”. Il cadavere le sarebbe apparso “sorridente, facendo diversi movimenti, come se fosse lieto di respirare l'aria fresca”. Per disfarsene il prete del villaggio riuscì a cogliere Giure alla sprovvista sollevandogli contro il crocifisso e gridando: “Guarda Gesù Cristo, strigòn! Cessa di tormentarci!”. Dagli occhi del vampiro a quel punto sarebbero spuntate delle lacrime. I più coraggiosi, pur rabbrividendo d'orrore, cercarono di piantargli nel cuore un paletto di biancospino, ma non ci riuscirono: il palo rimbalzava sempre dal corpo del vampiro. Allora vennero recitate delle preghiere d'esorcismo, e si tentò di decapitarlo. Quando la lama del boia affondò nella sua gola, il vampiro lanciò un grido terribile e tutta la bara fu inondata di sangue.
Facendo riferimento alla moglie di Jure, Görres dice che si sarebbe chiamata Ivana. Racconta che la povera donna, terrorizzata, invocò l’aiuto del balivo che insieme ad altri abitanti del paesino si recò di notte al cimitero. Il gruppo, composto da nove persone provvisto di due lampade, di un crocifisso e di un palo di biancospino selvatico (l’unico metodo per disfarsene sarebbe stato quello di conficcarglielo nel cuore) aprì la tomba e trovò all’interno “un corpo rosato e vermiglio che li accolse ridendo”. I più coraggiosi, pur rabbrividendo d'orrore, cercarono di piantargli nel cuore il palo, ma non ci riuscirono perché questi rimbalzava sempre dal corpo del vampiro. Allora vennero recitate delle preghiere d'esorcismo e si tentò di decapitarlo. Tra tutti il più coraggioso in quel momento sarebbe stato un certo Stipan Milasich che trovò il coraggio di tagliare la testa al cadavere. Il morto avrebbe emesso a quel punto un urlo atroce e dal collo mozzato del corpo avrebbe preso a sgorgare del sangue che si sparse immediatamente per la tomba.
Soltanto a quel punto a Corridico sarebbe ritornata la pace. Quella pace che regna ancora oggi per le stradine semideserte di questo piccolo e suggestivo paesino tutto orti e masiere, sorto sul ciglio occidentale del vallone di Canfanaro. Ma domani notte è Halloween. Speriamo proprio di non aver risvegliato con i nostri discorsi Giure Grando da un sonno perenne durato secoli.
Originale di Roberto Palisca
da: http://www.edit.hr/lavoce/041030/speciale.htm