"O piccole o grandi le memorie patrie, è dovere di conoscerle, perchè nel passato è gran parte del nostro avvenire"
Niccolò Tommaseo
Viaggio nel tempo alla scoperta di Umago nel 1500. Chi erano gli abitanti di Umago? Quali erano le leggi del Comune di Umago? Chi amministrava la città? Come veniva punito chi commetteva un crimine? C'erano davvero i pirati lungo le coste istriane? E se un marito picchiava la moglie? Quando e da dove arrivarono i De Franceschi? Chi erano e da dove venivano i Morlacchi?............. Questo e tanto altro per chi vuole conoscere la storia dei nostri antenati umaghesi.
Storia, usi, costumi e curiosità del Comune di Umago nel Medioevo.
Dai documenti si ha notizia dell' esistenza del Maggior Consiglio umaghese e quindi del suo ordinamento comunale già dal 1200. I libri degli statuti conservati, risalgono al 1540 ed entrarono in vigore nel 1541, dopo la conferma ducale, essendo stati letti e pubblicati nell'aprile dello stesso anno alla presenza del popolo raccolto nella platea Comunis, al tempo del podestà Taddeo Gradonico.
I libri degli Statuti del Comune di Umago consistevanoallora di quattro libri principali e di un quinto con alcuni capitoli aggiuntivi. Era prescritto si avessero due volumi degli statuti, perfettamente eguali nel testo, uno tenuto dal Cancelliere del Comune, l'altro custodito nella cancelleria del Podestà,affinchè se qualche capitolo apparisse alterato o il testo corroso dal tempo e dall'uso, si potesse confrontarlo con quello che era custodito dal Cancelliere. Se poi quello del Cancelliere risultava "abrasum aut in eo additum aliquid, diminutum, aut viziatum", il CancelIiere veniva condannato con cento lire di piccoli per ogni capitolo manomesso e più o meno ad arbitrio del Podestà, inoltre veniva espulso dall'ufficio e dal Consiglio e non doveva avere più altro ufficio per cinque anni. Colui, o coloro, che avessero alterato qualche capitolo, così pure i loro correi, venivano puniti con il taglio della mano destra.
Gli statuti dovevano essere interpretati alla lettera.
Libro I. Il Consiglio e Ie varie magístrature
Facevano parte del Consiglio della terra un numero limitato di famiglie e nessuno vi poteva essere ammesso se qualche suo antenato non vi avesse fatto parte (Consiglio chiuso).
Più tardi, assotigliandosi la popolazione per le epidemie, furono aggregate nuove famiglie, alcune anche di parte popolare, per deliberazione del Senato Veneto.
I giovani non vi potevano entrare, e quindi avere uffici o benefici, prima d'aver compiuti i vent'anni. Non vi potev/ano far parte i nobiìi veneti ad eccezione di quelli oriundi dalla città e quindi del suo Consiglio.
Ogni anno, quando il Consiglio si radunava per distribuire le nuove cariche, i consiglieri eletti dovevano prestare giuramento che avrebbero operato secondo giustizia per il benessere della Terra e l'onore della Repubblica. Al suono della campana, o alla chiamata del banditore del Comune ad sonum campanae et voce praeconis, tutti i Consiglieri che si trovavano in paese si dovevano recare al Consiglio e discutere "con ordine" sulle cose proposte per non incorrere nella multa che colpiva chi divagasse sull'argomerrlo.
Non essendo permesso interrompere gli oratori gridando dai seggi, chi voleva fare altre proposte doveva portarsi a parlare sull'apposita tribuna ad pulpitum ad hoc praeparatum.
Dal seno del Consiglio vcnivano eletti tre giudici, due nobili e uno del popolo, il cameraro del Comun, due giustizieri, uno
nobile e uno del popolo e questi rimanevano in carica solo quattro mesi; il cancelliere, tre deputati (nobili) due cataveri, due camerari per la chiesa di S. Maria e due avvocati del Comun, questi ultimi tutti per un anno.
Per l'elezione venivano imbussolate tante palline quanti erano i consiglieri presenti alla votazione e di queste cinque erano dorate, quindi ogni consigliere estraeva una palla e coloro che avevano estratto Ie cinque palle dorate eleggevano i nuovi ufficiali, sempre secondo giustizia e coscienza. La nomina avvenuta per corruzione veniva annullata, il consigliere elettore privato per dieci anni dal sedere in Consiglio e l'eletto condannato a lire cinquanta di piccoli.
Gli eletti ad uno stesso ufficio non dovevano essere parenti, nè avere altre cariche contemporaneamente, cioè nella stessa elezione, ne darsi tra loro il voto per non esser sospesi dal Consiglio per un anno ed era ancora nulla I'elezione di coloro che fossero debitori della chiesa di S. Maria, del fontico e del Comune. I magistrati eletti non potevano in nessun caso assentarsi da Umago, o dall'lstria in genere, per piu di otto giorni e per quindici se andavano fuori dell'Istria, sempre dopo aver ottenuto il permesso dal podestà, se non volevano perdere il posto.
Arnministrava la giustizia il podestà, o il suo vicegerente, sedendo assieme ai giudici loco ad hoc deputato, cioè sotto la loza ogni lunedì e venerdì. Al comparire del podestà per tale ufficio veniva suonata Ia campana e così pure al suo partire. Se uno dei due giorni stabiliti verriva a cadere di festa, si rendeva giustizia il giorno successivo. I giudici avevano ciascunodal Comune lire venti per i quattro mesi che rimanevano in carica, non potevano assentarsi dalla Terra più di uno per volta in modo che vi rimanessero almeno due, sotto pena di soldi quattro per ogni volta ed ogni giorno che vi contravvenissero. Non potevano essere rieletti se non fosse trascorso tanto tempo quanto avevano ricoperto l'ufficio.
Il cameraro teneva esatto conto delle entrate e spese del Comune e incassava i denari, non poteva spendere somma alcuna senza l'approvazione del podestà, giudici e deputati e al termine del suo ufficio, che durava quattro mesi, e per il quale riceveva dal Comune lire otto di piccoli, doveva entro dieci giorni dar conto esatto della propria amministrazione per non cadere nella multa di quattro soldi pcr ogni lira che fosse uscita dalla cassa senza giustificazione. La carica era passiva di contumacia dovendo passare, per essere rieletto tanto tempo quanto era stato quello da lui trascorso in carica. Era stabilito che non si potessero approvare in Consiglio le spese straordinarie se non prese ed approvate con due terzi di voti. Fra le rendite del Comune vanno annoverate in primo luogo la terza parte delle multe, poi i dazi, nonchè i redditi dei beni immobili (boschi, case, ecc.) e dei lasciti.
ll fonticaro del Comune durava ìn carica sei mesi con un compenso di lire quaranta di piccoli. Doveva sorvegliare che si vendessero e amministrassero i frumenti e le farine del fondaco con equità e giustizia, curare che i debitori pagassero nei termini prescritti le somme dovute al fondaco se non voleva essere tenuto egli stesso responsabile non potendosi attribuire in nessun modo la diminuzione del frumento e delle altre biade al "callo". Era una carica che subiva contumacia e perciò non si poteva essere rieletti se non fosse trascorso un anno intero. Entro otto giorni dalla chiusura del suo esercizio il fonticaro era tenuto a rendere conto della sua amminìstrazione per non incorrere nella multa di quattro soldi per ogni lira non giustificata, o pagata.
Dal fonticaro dipendeva il pesatore della farina, che rimaneva in carica anche egli sei mesi, con altrettanti di contumacia, e percepiva dall'amministrazione del fondaco un salario di quindici lire di piccoli dalle quali si dovevano diffalcare dieci soldi ogni volta che, chiamato, non f'osse comparso per la distribuzione della f'arina. Veniva eletto, ed era anche alle dipendenze clel fonticaro, sempre per sei mesi, con altrettanti di contumacia, un segnatore che doveva provvedere all'invio del frumento al molino, sorvegliarne la stacciatura e tener nota della quantità.
Il Cancelliere doveva compilare ed interpretare le lettere ed altre scritture del Comune, trascriverle nei libri della cancelleria darne lettura esatta nel Consiglio egli stesso e non altri sotto pena di un anno di sospensione, consigliare il podestà e i giudici secondo coscienza e in quanto prescrivevano gli statuti tener presente durante la distribuzione delle cariche i debitori della chiesa di S.Maria, del f'ondaco e del Comune perchè ne fossero esclusi, registrare in apposito Iibro glì introiti e gli esiti del Comune pervenuti ai camerari e in altro libro quelli del fontego. Doveva provvedere da sè alle spese per la carta, l'inchiostro e la cera senza pretendere per le scritture pagamento maggiore di quello stabilito dalle leggi, dagli statuti e dalla consuetudine, pena la privazione dell'ufficio e una multa di 200 lire, che dovevano andare all'accusatore il cui nome rimaneva segreto. Per ogni salvacondotto riceveva dagli 8 ai 16 soldi e per la proroga degli stessi Ia metà. Durava in carica un anno, con altrettanto di contumacia, più tarrdi la contumacia dev'essere stata elevata a due anni, come appare dal capitolo 84 della Conrmissione. Percepiva uno stipendìo di quaranta lire di piccoli, metà a carico del Comune e metà dal fontego.
I giustizieri, o estimatori del Comun, nell'assumere il loro ufficio giuravano sui santi Evangeli di reggerlo bona fide, sine fraude per totum tempus sui officii, cioè per quattro mesi e ricevevano ciascuno quaranta soldi di piccoli. Dovevano pesare le biade, misurare i recipienti del vino posto in vendita al minuto, ad spinam, ricevendo quattro piccoli per ogni misurazione, invigilare che Ie bilance e le altre misure fossero esatte, che le merci messe in vendita non fossero alterate, di conseguenza non potevano tenere macellerie, né pistorie (panetterie), ne essere compartecipi finchè avevano detto ufficio,sotto pena di venticinque lire. Dovevano stimare mobili e immobili anche fuori di Umago e borgo, ricevendo un compenso maggiore a seconda della distanza. Assieme al podestà e ai giudici stabilivano, o calmieravano il prezzo del pane. Incorrevano nella multa di venti soldi ogni qualvolta, chiamati, non avessero fatto il loro dovere, mentre chi veniva trovato usare nella vendita false misure veniva punito con quaranta soldi di piccoli, metà dei quali spettavano al Comune e l'altra metà ai giustizieri.
Il banditore, o precone, fu sempre un personaggio indispensabile e importante nella vita comunale. Dipendeva direttamentre dal podestà, giudici ed ufficiali principali del Comune. Suo overe era quello di suonare la campana del pretorio, leggere ad alta voce i bandi, citare le persone, eseguire i sequestri e gli incanti e comparire come teste giurato. Oltre al salario, fissato dal podestà assieme ai giudici e consiglio, aveva entrate straordinarie per sequestri privati, incanti, vendite e citazioni fatte.
II primo di gennaio venivano eletti per un anno due cataveri il cui incarico era quello di scoprire e denunciare coloro che tenevano indebitamente beni di proprietà comunaie, ricevendo ciascunco quale ricornpensa I'ottava parte dei beni ricuperati per loro mezzo al Cornune. Dal numero dei Consiglieri venivano ogni anno scelti ancora tre deputati che dovevano curare, assieme ai giudici e al podestà, I'utile del Comune e del fondaco, rivedevano i conti tanto dell'uno come dell'altro, gli introiti del dazio ed erano autorizzati a proporre parti in consiglio ad beneficium Universitatis Humagi come i giudici, ricevendo ciascuno lire dieci di piccoli all'anno.
Nel giorno che venivano eletti gli altri ufficiali si sceglievano pure, fra i nobili, due avvocati che dovevano sostenere le cause del Comune, perorare la causa e sostenere le ragioni di chi si rivolgesse loro, dar consigli Iegali a coloro che avevano liti e differenze sempre bona fide ,et sine fraude e trovarsi a palazzo nei giorni che si tenevano i giudizi, o dove il podestà si fosse portato a rendere giustizia, né dovevano allontanarsi prima che egli si fosse partito, o avesse dato loro licenza, o fossero impediti juxta causa. Ricevevano un modico compenso di quattro soldi per le cause di poca entità, dieci soldi per le cause che oscillavano dalle cinque alle venti lire, soldi venti per quelle dalle venti alle cento e, sopra cento, dieci soldi per ogni centinaia di lire.
I forestieri che venivano a stabilirsi a Umago dovevano entro quindici giorni dal loro arrivo, iscriversi alla cancelleria fra i vicini della Terra, offrendo garanzia idonea della loro volontà e capacità di sostenere per un quinquennio tutti gli aggravi pubblici come gli altri cittadini.
Erano feudi del Comune di Umago i luoghi di Matterada e Carso, cioè Madonna del Carso. Matterada pagava al reggimento di Umago la regalia di carra quattro di legna di un piede e mezzo, l'erbatico e il fuocatico, inoltre lire quattro
per ogni mandria di anirnali pecorini e lire seí per il quartese di Milizia.
II Comune aveva il diritto di patronato sul convento di S. Giacomo, cioè sulle chiese di S. Maria Addolorata e il Consiglio vi eleggeva annualmerite due cittadini col titolo di procuratori. Era prerogativa del Consiglio eleggere il parroco, la cui elezione doveva essere ratificata dal collegio dei canonici, questi ultimi pure eletti dal Consiglio della Terra. Essi ricevevano il quartese delle decime dal vescovo.
CONTINUA.........................
Libri II e lll Delle CauseCivilí
sl
in
Iì .sccondolibr-o clegli Sterttrti tratta della pr-ocedurancgli arf
qr
f'erri civili c il termine e il modo delle citazioni. Ogni cittadino
c(
poter,a esserc citato in giudizio, davanti al podestà, da parte di
chicchcssii.r,a mczzo clel banditore e non conlparendc-r il cita[()
rc, o ncln fo,rnrnlando reale accusa, r'cnirra mu]tzrto con ottc) pe
soldi. Le causc pcr importi sino a cinquc lire vcnivzrno subitcr pe
risolte, quelle sino a dicci in duc citaziorri, in tre quelle oltre SO
dieci lirc. dt.r
A chiunquc si licont.rscessc gia rrcllar prima citazionc debi-vel
lorc, crano arccordatiquindici giorni cli tempo pcl e[f'ctturarcil
paganento. Pcr importi inl'eriori alle clieci lirc cli piccoli basta-olt
va al citante procìurre un solo testirrronit-r bonue {umue e obbli-tar
garsi cgli stcsso con giuranlcnto. Era ammessa la procura. Sc col
uno a bella posta si scttraeva alìa citazi<-rnc, il bar-rditoreIo cita-po
va ad alta voce davanf.i alla sua casa c se il gic-rrn<tdel giudizicr po
non compariva, si sentcnziava in favore dell'attclrc chc dichiarasse eru
con giuranrcnto di richicdere cose giustc. Se il dcbitorc era in-CO
vecc assentc clalla Terra, iI poclestà,r'iconosciutn giuster lar dt_r-us(
manda, inr,,itavapcr ntezzo dcl banditore I'asscntc a ccmpzrrir-c qu
in giudizio, flaccndolo chianrare pubblicamcnte e ad alta v<_rcc
da'anti la casa o'e solirermcntcerbitava,cr.rtr, quindici giorni
SC\
18
PAGINA IN COSTRUZIONE
I libri degli Statuti del Comune di Umago consistevanoallora di quattro libri principali e di un quinto con alcuni capitoli aggiuntivi. Era prescritto si avessero due volumi degli statuti, perfettamente eguali nel testo, uno tenuto dal Cancelliere del Comune, l'altro custodito nella cancelleria del Podestà,affinchè se qualche capitolo apparisse alterato o il testo corroso dal tempo e dall'uso, si potesse confrontarlo con quello che era custodito dal Cancelliere. Se poi quello del Cancelliere risultava "abrasum aut in eo additum aliquid, diminutum, aut viziatum", il CancelIiere veniva condannato con cento lire di piccoli per ogni capitolo manomesso e più o meno ad arbitrio del Podestà, inoltre veniva espulso dall'ufficio e dal Consiglio e non doveva avere più altro ufficio per cinque anni. Colui, o coloro, che avessero alterato qualche capitolo, così pure i loro correi, venivano puniti con il taglio della mano destra.
Gli statuti dovevano essere interpretati alla lettera.
Libro I. Il Consiglio e Ie varie magístrature
Facevano parte del Consiglio della terra un numero limitato di famiglie e nessuno vi poteva essere ammesso se qualche suo antenato non vi avesse fatto parte (Consiglio chiuso).
Più tardi, assotigliandosi la popolazione per le epidemie, furono aggregate nuove famiglie, alcune anche di parte popolare, per deliberazione del Senato Veneto.
I giovani non vi potevano entrare, e quindi avere uffici o benefici, prima d'aver compiuti i vent'anni. Non vi potev/ano far parte i nobiìi veneti ad eccezione di quelli oriundi dalla città e quindi del suo Consiglio.
Ogni anno, quando il Consiglio si radunava per distribuire le nuove cariche, i consiglieri eletti dovevano prestare giuramento che avrebbero operato secondo giustizia per il benessere della Terra e l'onore della Repubblica. Al suono della campana, o alla chiamata del banditore del Comune ad sonum campanae et voce praeconis, tutti i Consiglieri che si trovavano in paese si dovevano recare al Consiglio e discutere "con ordine" sulle cose proposte per non incorrere nella multa che colpiva chi divagasse sull'argomerrlo.
Non essendo permesso interrompere gli oratori gridando dai seggi, chi voleva fare altre proposte doveva portarsi a parlare sull'apposita tribuna ad pulpitum ad hoc praeparatum.
Dal seno del Consiglio vcnivano eletti tre giudici, due nobili e uno del popolo, il cameraro del Comun, due giustizieri, uno
nobile e uno del popolo e questi rimanevano in carica solo quattro mesi; il cancelliere, tre deputati (nobili) due cataveri, due camerari per la chiesa di S. Maria e due avvocati del Comun, questi ultimi tutti per un anno.
Per l'elezione venivano imbussolate tante palline quanti erano i consiglieri presenti alla votazione e di queste cinque erano dorate, quindi ogni consigliere estraeva una palla e coloro che avevano estratto Ie cinque palle dorate eleggevano i nuovi ufficiali, sempre secondo giustizia e coscienza. La nomina avvenuta per corruzione veniva annullata, il consigliere elettore privato per dieci anni dal sedere in Consiglio e l'eletto condannato a lire cinquanta di piccoli.
Gli eletti ad uno stesso ufficio non dovevano essere parenti, nè avere altre cariche contemporaneamente, cioè nella stessa elezione, ne darsi tra loro il voto per non esser sospesi dal Consiglio per un anno ed era ancora nulla I'elezione di coloro che fossero debitori della chiesa di S. Maria, del fontico e del Comune. I magistrati eletti non potevano in nessun caso assentarsi da Umago, o dall'lstria in genere, per piu di otto giorni e per quindici se andavano fuori dell'Istria, sempre dopo aver ottenuto il permesso dal podestà, se non volevano perdere il posto.
Arnministrava la giustizia il podestà, o il suo vicegerente, sedendo assieme ai giudici loco ad hoc deputato, cioè sotto la loza ogni lunedì e venerdì. Al comparire del podestà per tale ufficio veniva suonata Ia campana e così pure al suo partire. Se uno dei due giorni stabiliti verriva a cadere di festa, si rendeva giustizia il giorno successivo. I giudici avevano ciascunodal Comune lire venti per i quattro mesi che rimanevano in carica, non potevano assentarsi dalla Terra più di uno per volta in modo che vi rimanessero almeno due, sotto pena di soldi quattro per ogni volta ed ogni giorno che vi contravvenissero. Non potevano essere rieletti se non fosse trascorso tanto tempo quanto avevano ricoperto l'ufficio.
Il cameraro teneva esatto conto delle entrate e spese del Comune e incassava i denari, non poteva spendere somma alcuna senza l'approvazione del podestà, giudici e deputati e al termine del suo ufficio, che durava quattro mesi, e per il quale riceveva dal Comune lire otto di piccoli, doveva entro dieci giorni dar conto esatto della propria amministrazione per non cadere nella multa di quattro soldi pcr ogni lira che fosse uscita dalla cassa senza giustificazione. La carica era passiva di contumacia dovendo passare, per essere rieletto tanto tempo quanto era stato quello da lui trascorso in carica. Era stabilito che non si potessero approvare in Consiglio le spese straordinarie se non prese ed approvate con due terzi di voti. Fra le rendite del Comune vanno annoverate in primo luogo la terza parte delle multe, poi i dazi, nonchè i redditi dei beni immobili (boschi, case, ecc.) e dei lasciti.
ll fonticaro del Comune durava ìn carica sei mesi con un compenso di lire quaranta di piccoli. Doveva sorvegliare che si vendessero e amministrassero i frumenti e le farine del fondaco con equità e giustizia, curare che i debitori pagassero nei termini prescritti le somme dovute al fondaco se non voleva essere tenuto egli stesso responsabile non potendosi attribuire in nessun modo la diminuzione del frumento e delle altre biade al "callo". Era una carica che subiva contumacia e perciò non si poteva essere rieletti se non fosse trascorso un anno intero. Entro otto giorni dalla chiusura del suo esercizio il fonticaro era tenuto a rendere conto della sua amminìstrazione per non incorrere nella multa di quattro soldi per ogni lira non giustificata, o pagata.
Dal fonticaro dipendeva il pesatore della farina, che rimaneva in carica anche egli sei mesi, con altrettanti di contumacia, e percepiva dall'amministrazione del fondaco un salario di quindici lire di piccoli dalle quali si dovevano diffalcare dieci soldi ogni volta che, chiamato, non f'osse comparso per la distribuzione della f'arina. Veniva eletto, ed era anche alle dipendenze clel fonticaro, sempre per sei mesi, con altrettanti di contumacia, un segnatore che doveva provvedere all'invio del frumento al molino, sorvegliarne la stacciatura e tener nota della quantità.
Il Cancelliere doveva compilare ed interpretare le lettere ed altre scritture del Comune, trascriverle nei libri della cancelleria darne lettura esatta nel Consiglio egli stesso e non altri sotto pena di un anno di sospensione, consigliare il podestà e i giudici secondo coscienza e in quanto prescrivevano gli statuti tener presente durante la distribuzione delle cariche i debitori della chiesa di S.Maria, del f'ondaco e del Comune perchè ne fossero esclusi, registrare in apposito Iibro glì introiti e gli esiti del Comune pervenuti ai camerari e in altro libro quelli del fontego. Doveva provvedere da sè alle spese per la carta, l'inchiostro e la cera senza pretendere per le scritture pagamento maggiore di quello stabilito dalle leggi, dagli statuti e dalla consuetudine, pena la privazione dell'ufficio e una multa di 200 lire, che dovevano andare all'accusatore il cui nome rimaneva segreto. Per ogni salvacondotto riceveva dagli 8 ai 16 soldi e per la proroga degli stessi Ia metà. Durava in carica un anno, con altrettanto di contumacia, più tarrdi la contumacia dev'essere stata elevata a due anni, come appare dal capitolo 84 della Conrmissione. Percepiva uno stipendìo di quaranta lire di piccoli, metà a carico del Comune e metà dal fontego.
I giustizieri, o estimatori del Comun, nell'assumere il loro ufficio giuravano sui santi Evangeli di reggerlo bona fide, sine fraude per totum tempus sui officii, cioè per quattro mesi e ricevevano ciascuno quaranta soldi di piccoli. Dovevano pesare le biade, misurare i recipienti del vino posto in vendita al minuto, ad spinam, ricevendo quattro piccoli per ogni misurazione, invigilare che Ie bilance e le altre misure fossero esatte, che le merci messe in vendita non fossero alterate, di conseguenza non potevano tenere macellerie, né pistorie (panetterie), ne essere compartecipi finchè avevano detto ufficio,sotto pena di venticinque lire. Dovevano stimare mobili e immobili anche fuori di Umago e borgo, ricevendo un compenso maggiore a seconda della distanza. Assieme al podestà e ai giudici stabilivano, o calmieravano il prezzo del pane. Incorrevano nella multa di venti soldi ogni qualvolta, chiamati, non avessero fatto il loro dovere, mentre chi veniva trovato usare nella vendita false misure veniva punito con quaranta soldi di piccoli, metà dei quali spettavano al Comune e l'altra metà ai giustizieri.
Il banditore, o precone, fu sempre un personaggio indispensabile e importante nella vita comunale. Dipendeva direttamentre dal podestà, giudici ed ufficiali principali del Comune. Suo overe era quello di suonare la campana del pretorio, leggere ad alta voce i bandi, citare le persone, eseguire i sequestri e gli incanti e comparire come teste giurato. Oltre al salario, fissato dal podestà assieme ai giudici e consiglio, aveva entrate straordinarie per sequestri privati, incanti, vendite e citazioni fatte.
II primo di gennaio venivano eletti per un anno due cataveri il cui incarico era quello di scoprire e denunciare coloro che tenevano indebitamente beni di proprietà comunaie, ricevendo ciascunco quale ricornpensa I'ottava parte dei beni ricuperati per loro mezzo al Cornune. Dal numero dei Consiglieri venivano ogni anno scelti ancora tre deputati che dovevano curare, assieme ai giudici e al podestà, I'utile del Comune e del fondaco, rivedevano i conti tanto dell'uno come dell'altro, gli introiti del dazio ed erano autorizzati a proporre parti in consiglio ad beneficium Universitatis Humagi come i giudici, ricevendo ciascuno lire dieci di piccoli all'anno.
Nel giorno che venivano eletti gli altri ufficiali si sceglievano pure, fra i nobili, due avvocati che dovevano sostenere le cause del Comune, perorare la causa e sostenere le ragioni di chi si rivolgesse loro, dar consigli Iegali a coloro che avevano liti e differenze sempre bona fide ,et sine fraude e trovarsi a palazzo nei giorni che si tenevano i giudizi, o dove il podestà si fosse portato a rendere giustizia, né dovevano allontanarsi prima che egli si fosse partito, o avesse dato loro licenza, o fossero impediti juxta causa. Ricevevano un modico compenso di quattro soldi per le cause di poca entità, dieci soldi per le cause che oscillavano dalle cinque alle venti lire, soldi venti per quelle dalle venti alle cento e, sopra cento, dieci soldi per ogni centinaia di lire.
I forestieri che venivano a stabilirsi a Umago dovevano entro quindici giorni dal loro arrivo, iscriversi alla cancelleria fra i vicini della Terra, offrendo garanzia idonea della loro volontà e capacità di sostenere per un quinquennio tutti gli aggravi pubblici come gli altri cittadini.
Erano feudi del Comune di Umago i luoghi di Matterada e Carso, cioè Madonna del Carso. Matterada pagava al reggimento di Umago la regalia di carra quattro di legna di un piede e mezzo, l'erbatico e il fuocatico, inoltre lire quattro
per ogni mandria di anirnali pecorini e lire seí per il quartese di Milizia.
II Comune aveva il diritto di patronato sul convento di S. Giacomo, cioè sulle chiese di S. Maria Addolorata e il Consiglio vi eleggeva annualmerite due cittadini col titolo di procuratori. Era prerogativa del Consiglio eleggere il parroco, la cui elezione doveva essere ratificata dal collegio dei canonici, questi ultimi pure eletti dal Consiglio della Terra. Essi ricevevano il quartese delle decime dal vescovo.
CONTINUA.........................
Libri II e lll Delle CauseCivilí
sl
in
Iì .sccondolibr-o clegli Sterttrti tratta della pr-ocedurancgli arf
qr
f'erri civili c il termine e il modo delle citazioni. Ogni cittadino
c(
poter,a esserc citato in giudizio, davanti al podestà, da parte di
chicchcssii.r,a mczzo clel banditore e non conlparendc-r il cita[()
rc, o ncln fo,rnrnlando reale accusa, r'cnirra mu]tzrto con ottc) pe
soldi. Le causc pcr importi sino a cinquc lire vcnivzrno subitcr pe
risolte, quelle sino a dicci in duc citaziorri, in tre quelle oltre SO
dieci lirc. dt.r
A chiunquc si licont.rscessc gia rrcllar prima citazionc debi-vel
lorc, crano arccordatiquindici giorni cli tempo pcl e[f'ctturarcil
paganento. Pcr importi inl'eriori alle clieci lirc cli piccoli basta-olt
va al citante procìurre un solo testirrronit-r bonue {umue e obbli-tar
garsi cgli stcsso con giuranlcnto. Era ammessa la procura. Sc col
uno a bella posta si scttraeva alìa citazi<-rnc, il bar-rditoreIo cita-po
va ad alta voce davanf.i alla sua casa c se il gic-rrn<tdel giudizicr po
non compariva, si sentcnziava in favore dell'attclrc chc dichiarasse eru
con giuranrcnto di richicdere cose giustc. Se il dcbitorc era in-CO
vecc assentc clalla Terra, iI poclestà,r'iconosciutn giuster lar dt_r-us(
manda, inr,,itavapcr ntezzo dcl banditore I'asscntc a ccmpzrrir-c qu
in giudizio, flaccndolo chianrare pubblicamcnte e ad alta v<_rcc
da'anti la casa o'e solirermcntcerbitava,cr.rtr, quindici giorni
SC\
18
PAGINA IN COSTRUZIONE